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Da Monteriggioni inizia una tappa di 18,09 km che si percorrono in 4,30 ore circa. Lasciata alle spalle la cinta di mura, si percorrono le strade bianche della montagnola senese verso l'antico borgo medievale di Cerbaia. Si percorre la boscaglia fino ai castelli della Chiocciola e di Villa, prima di scendere nell'alveo bonificato di Pian del Lago. Si attraversa poi il bosco dei Renai prima di arrivare a Porta Camollia, tradizionale accesso francigeno a Siena. In città si discende via Banchi di Sopra per poi risalire verso il punto tappa, la piazza del Campo, il Duomo e l'ospedale di Santa Maria della Scala.

La tappa, relativamente breve e facile, è resa complicata dalla totale mancanza d'acqua e di punti di ristoro.

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Partenza:
Monteriggioni
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Arrivo:
Siena
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Percorribilità:
a piedi, in mountain bike
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Lunghezza totale:
20,60 km
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Cosa vedere
arrivo
Siena
Siena

Museo delle Biccherne dell'Archivio di Stato di Siena: qui è custodita un'opera che ha come soggetto l'arrivo di un'ambasceria a Siena nel 1498. Il pittore, vicino ai modi di Girolamo di Benvenuto, vi ha rappresentato in modo brioso un nutrito gruppo, composto da vari cavalieri armati e da alcuni fanti a piedi, mentre sta entrando a Siena. Sulla base della loro espressione meravigliata, i personaggi sono stati identificati con gli ambasciatori di qualche Stato italiano o straniero in ammirazione davanti alla magnificenza della città, in cui stavano facendo il loro ingresso. Nel corso del 1498 il Magnifico Pandolfo Petrucci, futuro signore di Siena, attuava una tortuosa politica possibilista nei confronti delle potenze italiane in guerra, mantenendo i contatti sia con Venezia, sia con la Lega di Firenze e Milano: giunse così in città, alla fine di agosto, l'ambasciatore di Venezia Alvise Sagundino. Il gruppo sta percorrendo, quasi in corteo, la Francigena nel tratto a nord della città, tra l'Antiporto e il torrazzo di Camollia (oggi non più esistente), due porte della cinta difensiva assai sviluppata in questa zona per renderla impenetrabile ai nemici. Si notano l'ospedaletto di Sant'Antonio e quello del Santo Sepolcro (non più esistente): qui era infatti forte la presenza di xenodochi e strutture ricettive per l'ospitalità dei tanti viandanti e pellegrini. Gli odierni visitatori possono ben immedesimarsi nello stupore di coloro che raggiungevano Siena alla fine del Quattrocento e si meravigliavano della sua bellezza ed eleganza.

Nel secolo XII, di fronte a quello Spedale che da tempo accoglie la sosta dei pellegrini della Via Francigena si costruisce la Cattedrale con splendidi marmi e la si affresca utilizzando i colori naturali provenienti in gran parte dalla Toscana meridionale. Per vedere questi materiali basta andare al Museo di Storia Naturale dell'Accademia dei Fisiocritici. Qui si conserva un campionario di marmi impiegati nel Duomo di Siena, importante per conoscere le tipologie utilizzate e le cave di provenienza: preziose informazioni per gli interventi di restauro e manutenzione che nel tempo si rendono necessari come ad esempio quelli già realizzati relativi al celebre pavimento e alle colonne esterne a lato del portale centrale. Nel museo si trovano anche le terre bolari, più note come "terre di Siena", ossia le ocre di varie tonalità impiegate nella pittura medievale senese, come nello splendido ciclo pittorico da poco ritrovato nella cosiddetta cripta, e usate fino a metà del secolo scorso.

Il Complesso Museale di Santa Maria della Scala: quasi tutti i grandi artisti senesi hanno lavorato per il Santa Maria della Scala, il principale ospedale sorto nel tratto senese della Via Francigena, citato per la prima volta in un atto di donazione del 1090 come xenodochium et hospitalis e destinato ad accogliere i pellegrini e sostenere i poveri e i fanciulli abbandonati. Una delle testimonianze più prestigiose dell'articolata struttura ospedaliera è la grande corsia del pellegrinaio, edificata nel terzo decennio del Trecento e affrescata intorno alla metà del Quattrocento. Il ciclo fu realizzato su quattro delle sei campate, con un programma iconografico ideato dal rettore Giovanni di Francesco Buzzichelli, che incaricò i pittori senesi Lorenzo Vecchietta e Domenico di Bartolo, particolarmente sensibili alle novità rinascimentali, e Priamo della Quercia. Le scene celebrano su un lato la storia leggendaria e reale dell'ospedale, sull'altro offrono uno spaccato delle attività di accoglienza dei pellegrini, cura dei malati e assistenza di poveri e orfani.

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